Il business della canapa in Italia è più fiorente che mai dopo la legalizzazione della cosiddetta cannabis light. Questo febbraio la rivista L’Espresso parla di un giro d’affari legato alla cannabis superiore ai 40 milioni di euro, con oltre 350 negozi sparsi in tutto il territorio italiano. Il business della canapa legale non si ferma alla coltivazione e alla rivendita delle infiorescenze (non citate nel testo della legge, non vietandone, di fatto, la commercializzazione) ma tocca anche una serie di sottoprodotti come il vestiario, l’alimentazione e le bio-tecnologie.

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Per capire le potenzialità del giro di affari della canapa legale, pensate che su base annua, un singolo acro di canapa produce tanta fibra quanto due o tre acri di cotone. La fibra di canapa è più forte e più morbida del cotone, dura il doppio e non fa muffa. E lo stesso vale per la carta. La qualità della carta di canapa è superiore alla carta tradizionale in quanto può durare centinaia di anni senza degradarsi, può essere riciclata molte più volte rispetto alla carta a base di alberi e richiede meno sostanze chimiche tossiche nel processo di produzione rispetto alla carta prodotta dagli alberi. La canapa può essere inoltre utilizzata per produrre fibre di legno più resistenti e leggere del legno. Sostituire la fibra di canapa per il legname ridurrebbe ulteriormente la necessità di abbattere le nostre foreste.


La canapa può essere utilizzata per produrre sostituti in plastica resistenti, durevoli e rispettosi dell’ambiente. Migliaia di prodotti realizzati con materie plastiche a base di petrolio possono essere prodotti da compositi a base di canapa. La canapa, inoltre, è pronta per la raccolta solo 120 giorni dopo essere stata piantata e può crescere sulla maggior parte dei terreni, mentre le foreste e le fattorie richiedono grandi tratti di terra disponibili in poche località. La raccolta della canapa piuttosto che degli alberi eliminerebbe anche l’erosione dovuta al disboscamento, riducendo così la perdita del suolo e l’inquinamento idrico.

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Essendo diventato quello della canapa un business assolutamente legale, non sorprende che siano in molti a cercare di guadagnarci. Vi daremo tutte le informazioni necessarie al commercio e al lavoro nel campo della cannabis legale in Italia.

L’ordinamento

A portare il commercio della cannabis legale in Italia è stata l’Easyjoint, azienda emiliana che è leader nella distribuzione dopo averla presentata con successo in Svizzera. La cannabis light in Italia è una varietà presente sul nostro territorio fin dagli anni Trenta. Grazie al suo basso contenuto di THC, responsabile degli effetti psicoattivi, ha effetti solo sedativi contenendo alte dosi di cannabidiolo (CBD).

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Il business della cannabis light riguarda tutti i tipi di cannabis che presentano una concentrazione di THC inferiore al limite di 0,6%. Questo limite è stato introdotto “allargando” i limite principale di 0,2% previsto dagli articoli della legge del 2016 che infatti dice: «Qualora all’esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilità è posta a carico dell’agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente legge».

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Questa legge tecnicamente nasce per evitare problemi con la legge al coltivatore, nei casi in cui la concentrazione di THC nel prodotto superi il limite dello 0,2%. Inoltre questa legge ha esteso la propria influenza all’ambito del commercio della cannabis legale, imponendo anche a chi la vende di attenersi ai limiti indicati. Dunque, questa disposizione in questione è una sorta di eccezione rispetto alla precedente regola che riguarda il diritto degli stupefacenti, introducendo un limite di THC addirittura superiore a quello individuato dalla Cassazione che ha determinato la soglia massima allo 0,5%.

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Cosa succede in caso di infrazione? La legge è chiara: «Il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla presente legge possono essere disposti dall’autorità giudiziaria solo qualora, a seguito di un accertamento effettuato secondo il metodo di cui al comma 3, risulti che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6 per cento. Nel caso di cui al presente comma è esclusa la responsabilità dell’agricoltore». Ma in questo caso la legge presuppone un controllo effettuato direttamente nel luogo esatto della coltivazione. Ciò che accade dopo che la canapa è uscita dalle sue mani, non è responsabilità del coltivatore.

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Allo stesso modo il commercio della cannabis in Italia è stato in grado di muovere un enorme giro d’affari proprio grazie al rispetto di questo limite. Il CBD, invece, non avendo effetti psicoattivi ma solamente sedativi non è considerato illegale e può essere presente in concentrazioni anche alte. Tecnicamente, però, anche se la commercializzazione è consentita non lo è il consumo.

Il lavoro generato dal business della cannabis legale

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Il giro d’affari della cannabis si sta espandendo in Italia, e con lui aumentano le opportunità di business legale e di commercio. Ecco un elenco di dieci posizioni lavorative create dal nascente mercato della cannabis legale in Italia:

  • Educatore: con l’aumento del giro d’affari e delle vendite, la formazione e l’informazione diventano sempre più importanti. Un educatore può imparare tutti i segreti di questa pianta e dei suoi effetti per trasmettere il suo sapere a chi si avvicina a questo business.
  • Giornalista: con l’aumento della richiesta di informazione, i professionisti si rivolgono all’Educatore ma i profani, che cercano solo informazioni, si rivolgeranno ad internet. Sono molti i blog relativi alla cannabis che stanno nascendo, e tutti hanno bisogno di qualcuno che scriva.
  • Security: la cannabis non è una semplice erba aromatica, ma un prodotto dal grande valore, specialmente quando si tratta di incroci speciali e varietà rare. Bisognerà assumere addetti alla sicurezza che sorveglino piantagioni e negozi.
  • Coltivatore: forse il lavoro più importante. Il coltivatore non è un semplice contadino ma un vero e proprio esperto che conosce alla perfezione le sue piante, vigila sulla loro crescita e usa tutto l’arsenale che la botanica gli mette a disposizione per garantire il successo del suo raccolto.
  • Raccoglitore: non esiste una macchina che separa le parti buone dalle meno buone, servono persone. I raccoglitori stagionali si occupano della mietitura e della pulizia delle cime di canapa così che possano essere portate in lavorazione.
  • Medico: come in America esistono dottori specializzati nella prescrizione di marijuana light, presto simili specializzazioni potrebbero nascere anche in Italia, man mano che il paese di abitua alla normalizzazione della cannabis.
  • Curatore: una volta arrivata in negozio, la cannabis light in tutte le sue diverse varianti va organizzata e conservata nella giusta maniera. Questo è il compito del curatore, che si assicura che le scorte del negozio rimangano integre.
  • Estrattore: l’estrattore è più vicino al chimico che al botanico, nel senso che si occupa di estrarre il principio attivo dalla cannabis e trasferirlo in altri prodotti e derivati. Sono gli estrattori a produrre oli, succhi e lavorazioni della cannabis.
  • Cuoco: la cannabis è un superalimento, pieno di nutrienti, ricco di applicazioni. I suoi principi attivi sono infatti liposolubili, il burro alla cannabis è la base di biscotti, torte, caramelle e quant’altro. Per cucinarle alla perfezione serve uno chef che sappia dove mettere le mani.

Budtender: un nome quasi scherzoso ma che indica un ruolo molto importante. Il budtender non è solo un commesso, è un esperto che vaglia le esigenze del cliente e poi consiglia la varietà giusta, un tramite che coniuga alla capacità personali il know-how di un addetto ai lavori.


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